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La Sacra Bibbia della CEI

«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella santa Liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio sia del Corpo di Cristo» ( Dei Verbum , 21), afferma il Concilio Vaticano II, ricordando subito dopo che, affinché «i fedeli cristiani abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura», è necessaria un’opera di traduzione, che nel passato ha condotto a versioni come quella greca detta dei    Settanta  e quella latina detta  Vulgata , e ora chiede che la Chiesa si prenda cura «con materna sollecitudine che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, preferibilmente dai testi originali dei sacri libri» ( Dei Verbum , 22).
Tradurre la Bibbia serve per l’insieme della vita cristiana, nelle sue dimensioni spirituali e pastorali, ma assume particolare rilievo in rapporto alla sacra Liturgia. Nel corso dei secoli la Chiesa si è pertanto costantemente preoccupata di offrire ai fedeli la possibilità di ascoltare nell’azione liturgica i testi biblici nella lingua in cui la Liturgia stessa si svolgeva. Questo avvenne già nei primi tempi dell’era cristiana con l’utilizzazione, per ciò che riguardava l’Antico Testamento, della traduzione greca detta dei  Settanta , che si affiancava ai testi neotestamentari scritti in greco. Quando poi in Occidente si passò nella Liturgia all’uso della lingua latina, apparvero subito in Africa, Italia e Spagna traduzioni latine dell’Antico e del Nuovo Testamento. Queste, sebbene indicate sotto il nome collettivo di  Vetus Latina , erano opere indipendenti, tra loro assai diverse e probabilmente non ricoprivano tutti i libri biblici. Intervenne quindi papa Damaso che, nel 383, chiese a san Girolamo una traduzione dalle lingue originali, che favorisse l’unità nella Liturgia, eliminando anche errori e imprecisioni delle precedenti traduzioni, che spesso non avevano come base testi criticamente validi. Girolamo fece anzitutto una revisione del testo dei libri da tradurre, risalendo per l’Antico Testamento a manoscritti ebraici, svolgendo nel contempo un attento lavoro di traduzione in cui rifuggì dalla tentazione di uno stretto letteralismo, nella convinzione che tradurre è riportare il senso secondo le forme proprie della lingua che si utilizza. Girolamo stesso riconobbe tuttavia che tale criterio dovesse essere temperato nei confronti della Sacra Scrittura, dal momento che in essa «anche l’ordine delle parole è un mistero» ( Lettera LVII. A Pammachio. Il metodo ideale per tradurre). Ostacolata al suo apparire da ampi settori della Chiesa, l’opera di san Girolamo dovette attendere il Concilio di Trento per diventare di diritto e di fatto la  Vulgata ,  unica traduzione di riferimento, normativa per l’azione liturgica nella Chiesa cattolica. La riforma liturgica avviata dal Concilio Vaticano II non poteva non toccare l’ambito delle traduzioni bibliche, sia nell’aggiornare il testo della  Vulgata  alle esigenze poste dalle nuove acquisizioni della critica testuale della Bibbia, sia nel promuovere nuove traduzioni nelle lingue correnti, con cui supportare una Liturgia che dava a esse sempre più spazio per favorire la partecipazione dei fedeli. Alla prima esigenza rispose Paolo VI, avviando nel 1965 l’edizione di una  Nova Vulgata , completata e pubblicata nel 1979 da Giovanni Paolo II con la Costituzione Apostolica  Scripturarum thesaurus .
Della seconda, per ciò che concerne il nostro Paese, si fece carico la Conferenza Episcopale Italiana, che avviò lo studio di una edizione italiana della Bibbia “per l’uso liturgico”, affidandone l’esecuzione nel 1965 a un apposito Comitato episcopale, presieduto dal card. Ermenegildo Florit, che si avvalse di esperti esegeti, linguisti e musicisti. In quella circostanza, fu deciso di non preparare una nuova traduzione, ma di assumere quella, da poco pubblicata, dovuta all’opera di Enrico Galbiati, Angelo Penna e Piero Rossano, revisionandola secondo criteri di «esattezza nel rendere il testo originale; precisione teologica, nell’ambito della stessa Scrittura; modernità e bellezza della lingua italiana; eufonia della frase, in modo da favorirne la proclamazione; cura del ritmo, con conseguente possibilità di musicarne i testi (specie i   Salmi ), di cantarli, di recitarli coralmente». Il lavoro, approvato dall’8ª Assemblea Generale della C.E.I. (14-19 giugno 1971), ebbe una prima edizione nel dicembre 1971  e una seconda, che includeva le correzioni richieste dalla Santa Sede per alcuni testi utilizzati nella Liturgia, nell’aprile 1974. Quella che venne subito chiamata Bibbia C.E.I. costituisce indubbiamente una buona traduzione, premiata da una larga diffusione e dal generale consenso. Essa ha nutrito egregiamente in questi anni la vita liturgica delle nostre comunità, diventando il testo di riferimento primario per ogni ambito – spirituale, pastorale, teologico – della vita cristiana, personale e comunitaria.
Le novità maturate nell’ambito degli studi biblici, soprattutto nella critica testuale, hanno in seguito indotto la Santa Sede a pubblicare una nuova edizione della  Nova  Vulgata , promulgata il 25 aprile 1986 e dichiarata “typica”, specie per l’uso liturgico. 
In ossequio a tale indicazione, la Presidenza della C.E.I. nel maggio 1988 costituì un Gruppo di lavoro per provvedere a una revisione della traduzione italiana, alla luce del testo della  Nova Vulgata “editio altera” e, con l’occasione, per migliorarne la qualità. Questa decisione trovò successiva conferma nell’Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti    Liturgiam authenticam    (2001), che invita a rivedere i testi biblici utilizzati nell’azione liturgica in base ai testi originali presupposti dalla Nova Vulgata. Presieduto in successione dai vescovi Giuseppe Costanzo (1988-1991), Wilhelm Egger (1991-1994) e Franco Festorazzi (1994-2000), il Gruppo di lavoro era composto da biblisti, liturgisti, italianisti e musicisti.    
Il Gruppo ha operato dodici anni, secondo i criteri dati dal Consiglio Episcopale Permanente, successivamente precisati in varie fasi di consultazione. Tali criteri, che corrispondono di fatto a quelli indicati dall’Istruzione Liturgiam authenticam , possono essere così riassunti:    

  1. i libri e le pericopi da tradurre, in quanto facenti parte del Canone biblico della Chiesa cattolica, sono stati individuati in conformità alla  Nova Vulgata  e, in genere, alla tradizione liturgica occidentale; 
  2. la traduzione esistente è stata rivista in base ai testi originali (ebraici, aramaici e greci), secondo le migliori edizioni critiche oggi disponibili, dalle quali è stata tradotta anche la  Nova Vulgata  (5)  , e secondo i principi classici della critica testuale e dell’esegesi. Nei casi di lezioni testuali dubbie o discusse, ci si è riferiti in primo luogo alla versione dei    Settanta , per l’Antico Testamento, e poi alla    Vulgata , tenendo conto delle scelte compiute dalla  Nova Vulgata ;          
  3. inesattezze, incoerenze ed errori della traduzione del 1971-1974 sono stati corretti seguendo scelte condivise tra gli esegeti e avendo come riferimento, nei casi dubbi, la  Nova Vulgata ;          
  4. si è cercato di recuperare un’aderenza maggiore al tono e allo stile delle lingue originali, orientandosi verso una traduzione più letterale, senza compromettere tuttavia l’intelligibilità del testo fin dal momento della lettura o dell’ascolto;          
  5. particolare attenzione è stata riservata alla corrispondenza dei testi sinottici, alla varietà degli stili e dei generi letterari nei diversi libri della Scrittura, cercando al contempo uniformità e continuità del vocabolario;          
  6. ci si è preoccupati di rendere il testo in buona lingua italiana, con modalità espressive di immediata comprensione e comunicative in rapporto al contesto culturale odierno, evitando forme arcaiche del lessico e della sintassi;          
  7. si è curato il ritmo della frase, per rendere il testo rispondente alle esigenze della proclamazione liturgica e, dove occorra, adatto a essere musicato per il canto.        Sulla base di questi criteri il Gruppo di lavoro ha esaminato anzitutto il dossier delle osservazioni pervenute a riguardo della traduzione della Bibbia C.E.I. del 1971-1974, e ha sollecitato in modo sistematico ulteriori indicazioni, interpellando numerosi esegeti biblici e altri studiosi.  (6)         Tenendo conto dei suggerimenti raccolti, il Gruppo ha proceduto in sottogruppi alla rilettura di tutti i testi e alla valutazione delle proposte di cambiamento. Le variazioni introdotte sono state discusse in seduta plenaria. Il lavoro è stato seguito costantemente dal Consiglio Episcopale Permanente, cui sono stati riferiti i risultati raggiunti e sottoposti alcuni saggi testuali. Particolare cura è stata riservata alla traduzione del Padre nostro e dei cantici evangelici. A partire dal 1993 il Consiglio Episcopale Permanente ha designato al proprio interno un Comitato ristretto per seguire più da vicino il lavoro e metterne a parte il Consiglio stesso.       

Nel corso del cammino non sono mancati anche apporti di carattere ecumenico e interreligioso. In particolare è stato chiesto un confronto sulla traduzione del Nuovo Testamento alla Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia; altre osservazioni, relative alla traduzione del Pentateuco, sono state richieste alla presidenza dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia. Terminato il proprio compito nell’aprile 2000, il Gruppo di lavoro ha consegnato i testi rivisti alla Segreteria Generale della C.E.I. Questa ha provveduto a un’ulteriore rilettura, per dare maggiore omogeneità agli interventi nei diversi libri, con particolare attenzione ai Vangeli, e per affrontare il problema dell’uniformità dell’onomastica, che presentava incoerenze. Dopo un altro anno di lavoro, nell’estate 2001, il testo è stato inviato a tutti i vescovi per una prima consultazione. La Commissione Episcopale per la liturgia ha demandato a un apposito Comitato l’esame degli emendamenti proposti dalla consultazione promossa tra i vescovi italiani. Il Comitato, guidato dal presidente della Commissione, il vescovo Adriano Caprioli, e composto dai vescovi Luciano Monari e Mansueto Bianchi, si è avvalso della consulenza di biblisti e liturgisti già impegnati nelle precedenti fasi della revisione. Il Segretario Generale della C.E.I. ha partecipato a tutti i lavori.   Alla consultazione hanno risposto 218 dei 249 vescovi aventi diritto. Il testo presentato ha ricevuto un larghissimo consenso: 168   placet, placet iuxta modum, 3 schede bianche, nessun voto contrario. Sono stati proposti 1321 emendamenti formali e circa un migliaio di osservazioni, finalizzate al miglioramento del testo.
Tutti gli emendamenti e i suggerimenti sono stati presi in esame dagli esperti, le cui conclusioni sono state valutate in forma collegiale dal Comitato. Sono stati accolti circa i due terzi degli emendamenti e delle osservazioni. Si è poi proceduto a una ulteriore rilettura del testo per controllare la coerenza tra gli interventi effettuati e le precedenti scelte lessicali e interpretative. La traduzione è stata inviata a tutti i membri della C.E.I., che, dopo un esame personale, l’hanno approvata nel corso della 49ª Assemblea Generale, il 23 maggio 2002. Il consenso è stato pressoché unanime: 202 dei 203 votanti hanno approvato il testo proposto. La Presidenza della C.E.I., a cui spetta formalmente l’approvazione della versione italiana dei libri della Sacra Scrittura, ha infine manifestato il suo assenso nella riunione del 4 giugno 2002. Le pericopi utilizzate dalla sacra Liturgia nei Lezionari o nel contesto della Liturgia delle Ore e i testi che fungono da antifone nella Santa Messa e nella stessa Liturgia delle Ore sono stati poi sottoposti alla Santa Sede per la prescritta  recognitio .
Su invito del Santo Padre Benedetto XVI, sono stati successivamente sottoposti all’esame della medesima Congregazione anche i restanti testi, tenendo conto di una loro eventuale futura utilizzazione liturgica. La Commissione episcopale per la liturgia, presieduta successivamente dai vescovi Adriano Caprioli e Felice Di Molfetta, con il supporto dell’Ufficio liturgico nazionale, ha curato l’introduzione delle correzioni richieste dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il testo ha ricevuto la definitiva approvazione della Presidenza della C.E.I. nella riunione del 17 settembre 2007. Accanto all’ iter  di revisione della traduzione del testo biblico, si è avviata in parallelo la revisione delle introduzioni e delle note che accompagnavano le precedenti edizioni della Bibbia C.E.I. Anche in questo caso il lavoro di revisione è stato profondo e ha fatto tesoro delle acquisizioni più recenti degli studi biblici. Introduzioni e note accompagnano il testo, come è doveroso per ogni Bibbia pubblicata in ambito cattolico, ma non hanno il medesimo valore “tipico” della traduzione e pertanto sono pubblicate sotto l’esclusiva responsabilità della Segreteria Generale della C.E.I., che per questo lavoro si è avvalsa di numerosi collaboratori.
Quando si intraprese la revisione della traduzione, era diffusa la convinzione che ci si sarebbe limitati a pochi e isolati interventi. In realtà l’impresa si è rivelata più complessa di quanto si potesse presumere. Anzitutto, il testo critico a cui la  Nova Vulgata  rimanda è in più punti innovato rispetto a quello presupposto dalla traduzione della Bibbia C.E.I. del 1971-1974. Inoltre, negli anni sessanta-settanta, l’intento di chiudere il lavoro in tempi brevi, per offrire con sollecitudine la traduzione alla liturgia rinnovata, aveva comportato alcuni errori, inesattezze e soprattutto incongruenze, evidenti specialmente nei passi sinottici, dove a un medesimo testo corrispondevano traduzioni diverse (ma si incontravano anche traduzioni uguali per parole o espressioni diverse), che impedivano di percepire il tessuto comune e la specificità dei vari libri biblici. Di tali limiti era consapevole la stessa Segreteria Generale della C.E.I che, presentando la traduzione, invitava a «segnalare mende o difetti». Soprattutto, nel corso del lavoro di revisione si è potuto sperimentare come un testo sia un complesso mosaico, in cui il cambiamento di una tessera implica contemporanei interventi in altre parti dell’opera, se non si vuole perdere la coerenza dell’insieme.
L’opera ora realizzata ha tenuto conto di questi aspetti e si presenta maggiormente fedele ai testi originali e più organica. Come ogni traduzione, non è certo immune da difetti, che l’uso farà emergere e che potranno portare a ulteriori miglioramenti, ma vuole proporsi come riferimento sufficientemente stabile per l’uso liturgico e spirituale, così da alimentare la crescita del linguaggio religioso cristiano a partire dalle sue irrinunciabili radici bibliche. Si è infatti cercato di far risplendere il contenuto della Bibbia nelle modalità proprie del nostro linguaggio e parimenti di esprimere le potenzialità della Bibbia nel plasmare il linguaggio, anche quello del nostro tempo.
È stata condotta a termine una traduzione, ma con ciò si è dato solo l’avvio al percorso che deve portare la Parola nel nostro tempo. Ogni traduzione costituisce solo un inizio di interpretazione, e anche questa traduzione della Bibbia non sfugge a tale sorte. Dalla riscrittura del testo nelle parole comprensibili della lingua della gente l’interpretazione prende le mosse per compiere il cammino di esplicitazione della ricchezza dei suoi significati. Come ricorda San Gregorio Magno «le divine parole crescono con chi le legge» (Omelie su Ezechiele  I, 7, 8), perché il loro pieno significato si rivela solo nella comprensione e nella vita di quanti ad esse si accostano illuminati dalla fede. Pertanto questo libro viene incontro ai suoi lettori non solo nelle pagine che materialmente lo compongono, ma anche con la storia viva del popolo di Dio che nella sua dottrina, nella vita liturgica e nella testimonianza di santità ha costruito e continua a costruire la manifestazione storica della sua verità e quindi l’orizzonte in cui leggerlo e proclamarlo, offrendone un’interpretazione sicura, in cui collocare l’appropriazione delle singole persone e comunità. A questa piena comprensione si consegna l’opera qui edita.
La pubblicazione della nuova traduzione è accompagnata dall’auspicio che il frutto di un tanto lungo e complesso lavoro costituisca per le nostre comunità un testo più sicuro, più coerente, più comunicativo, più adatto alla proclamazione. Ne trarrà vantaggio il nostro servizio perché «la Parola del Signore corra e sia glorificata» (2Ts 3,1), così da diventare «saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale» (Dei Verbum , 21).
Roma, 29 aprile 2008
S.E Mons. Giuseppe Betori
Segretario Generale della C.E.I

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